
“L’avvenire non è più quello di una volta” scriveva, molti anni fa, la rivista di previsioni scientifiche Futures, con quella sottile ironia che caratterizza gli abitanti della uggiosa Albione.
Affermazione ancora più pregnante oggi, quando le aziende e i professionisti sono costretti ad operare in un mondo “liquido”, come lo ha definito il sociologo Zygmunt Bauman, ma dove il liquido sembra restringersi ogni giorno di più.
È estremamente critico immaginare il futuro e costruire scenari in contesti dai confini sfumati dove la tecnologia rende obsoleto quello che ieri sembrava up to date, le variabili economiche quali l’innalzamento o l’abbassamento dello spread, la tassazione, il costo delle materie prime, etc. giocano un ruolo sempre maggiore e sempre meno controllabile e l’ossessione per la riduzione dei costi ha assunto una dimensione patologica.
Non potendo ricorrere al parere degli esperti, troppo fluido per indicare la rotta, né al mondo bancario e finanziario, troppo avaro per diventare una risorsa, agli imprenditori e ai professionisti forse non rimane altro che affidarsi al proprio intuito e alla capacità di cambiare per adattare le aziende e le loro attività ai nuovi scenari.
Ma il cambiamento è doloroso e difficile da accettare anche in quei contesti in cui è un sentiero obbligato e non ci sono possibilità di scantonamento.
La natura umana è timorosa di tutto ciò che è nuovo, si aggrappa all’abitudine, a ciò che può controllare e a quello che sembra essere consolidato, solido, dimenticando che la vita o, in questo caso, i mercati sono sempre in continua evoluzione.
Sebbene non esista una ricetta per garantire il successo di un piano di cambiamento, l’anglosassone Todd D. Jick suggerisce di rispettare i seguenti “Dieci Comandamenti”:
1 – Analizzare l’organizzazione e le sue necessità di cambiamento.
Individuare i punti di forza e di debolezza e le aree in cui è necessario intervenire. Tale analisi è auspicabile prenda spunto da una, per quanto possibile, obiettiva valutazione dell’andamento del mercato, dei cambiamenti nelle logiche di acquisto della clientela, di quelli indotti dalle tecnologie o dal macro ambiente. Consumatori sempre più on line, connessi a internet tramite tablet, sempre più presenti e attivi sui social, ad esempio, stanno spostando gli investimenti pubblicitari delle grandi aziende dai media tradizionali a quelli più innovativi. È un cambiamento che, si può supporre, proseguirà nei prossimi anni e che ha impatti enormi sulle imprese che operano nel mondo della comunicazione e dei settori ad essa correlati, quali stampa e grafica. L’introduzione dell’IPhone ha stravolto il rapporto del pubblico con il telefono e, di conseguenza, la modalità con cui gli utenti si relazionano tra loro come Nokia ha dovuto amaramente constatare. Prendere atto dei nuovi scenari e confrontare i propri prodotti e servizi con le nuove esigenze è un esercizio indispensabile per comprendere se e come sia possibile competere. In settori ad alta intensità di concorrenza, caratterizzati da una offerta sovrabbondante rispetto alla domanda e dove i prodotti risultano essere simili, può non essere sufficiente analizzare la propria value proposition in termini di punti di forza o debolezza, ma è necessario rispondere a domande tranchant quali: “ Che cosa rende il mio prodotto unico nella mente dei miei clienti? Cosa si può fare per rendere l’acquisto del mio servizio un’esperienza indimenticabile”. Ovvero, è necessario evidenziare in quali aspetti si può essere differenti dai competitor e incentrare i primi cambiamenti proprio sull’enfatizzazione di queste differenze. O ci si distingue o ci si estingue.
2 – Creare una visione condivisa.
La mission aziendale deve diventare elemento di aggregazione e di riferimento e deve essere successivamente declinata in piani operativi comprensibili a tutti i livelli dell’organizzazione. Questo aspetto è spesso dolente, i piani a volte risultano essere troppo ottimistici generando la sensazione, o piuttosto la certezza, che non siano praticabili, o troppo fumosi dove “cosa fare” e, soprattutto, il “chi fa che cosa” rimangono in un limbo. Può accadere, e questo succede più spesso di quanto si creda, che a monte manchi una convergenza su quali siano effettivamente gli obiettivi da raggiungere o, più precisamente, quali siano le priorità con cui devono essere perseguiti. Ciò dipende da una differente percezione dei problemi aziendali e di mercato, conseguenza logica della diversa percezione che ogni individuo ha della realtà. Quest’ultima è a sua volta influenzata dall’esperienza del singolo, dalla sua cultura e sensibilità. È prevedibile quindi che, per il responsabile di produzione, una contrazione nelle vendite sia esclusiva responsabilità della funzione commerciale o che la carenza di liquidità sia interpretata dall’ufficio contabilità come una non ottimale gestione degli ordini da parte dell’ufficio acquisti. Una chiara definizione del problema e delle sue caratteristiche può rappresentare il primo passo verso la soluzione. “Molto spesso, infatti, gli esseri umani, anche i più intelligenti, cercando di superare le loro difficoltà, saltano questa fase perché la ritengono ovvia. Ma così non è, in quanto chi cerca la soluzione, senza avere chiari i termini del problema, di solito interpreta la situazione in base ai suoi preconcetti e alle sue convinzioni, e sarà quindi indotto ad agire sotto la loro influenza. Di conseguenza la sua strategia sarà funzionale alle sue idee, piuttosto che al problema” (Nardone, 2009).
3 – Staccarsi dal passato.
Sebbene questo sia un punto critico e indispensabile per evolvere – se si rimane incatenati al passato cambiare è difficile -, è importante rinforzare quegli elementi della tradizione che sono utili anche alla nuova visione. In questo modo si crea una sensazione di continuità che permette di vivere il cambiamento come un’evoluzione piuttosto che come un passaggio traumatico. Quando, invece, il cambiamento può avvenire solamente con una azione di rottura, una sostituzione di personale può rappresentare l’unica strada anche se sicuramente drammatica. A volte si ha l’impressione che in contesti complessi come gli attuali questo approccio di rottura con il passato non rappresenti l’inevitabile decisione per avviare in aziende un piano organico di cambiamento finalizzato al raggiungimento di obiettivi precisi ma che, in realtà, nasconda una mancanza di visione del futuro. Il mezzo diventa il fine, la spaccatura con il passato diventa l’obiettivo finale in un contesto in cui non si hanno né idee, né strategie su cosa fare. È inutile soffermarsi su quanto una strategia di questo tipo sia distruttiva e non porti alcun risultato se non macerie.
4 – Creare un senso di urgenza.
Probabilmente, alla luce del contesto attuale, questo punto è pleonastico. Una contrazione progressiva dei fatturati, il susseguirsi di bilanci con l’ultima riga in rosso sono eventi che, impattando con violenza sull’attività economica e finanziaria delle aziende, costringono a cambiamenti di rotta veloci. Sebbene il tessuto industriale italiano sia imperniato su imprenditori così legati alla propria azienda da esserne accecati, da voler proseguire nella propria attività anche quando il buon senso e le evidenze lo sconsigliano, la durezza del contesto attuale costringe ad abbandonare il romanticismo a favore del realismo.
5 – Individuare un leader.
Una o più persone, particolarmente carismatiche e pragmatiche che credono nel progetto di cambiamento e lo portano avanti con impegno e dedizione.
6 – Trovare delle sponsorizzazioni.
Perché il cambiamento abbia successo è necessario che sia condiviso da un’ampia base di persone e tra questi trovare dei leader informali che lo sostengano. Anche nelle aziende dove sembra dominare la logica dei soli numeri e dell’efficienza, gli aspetti relazionali sono fondamentali e persone che, grazie alla loro rete di relazioni, sono in grado di influenzare i colleghi rappresentano una preziosa risorsa.
7 – reare un piano di implementazione.
Predisporre un piano semplice e non eccessivamente dettagliato in cui venga chiarito cosa debba essere fatto, quando e come. È importante non affrontare i problemi tutti insieme, ma definire delle priorità mantenendo comunque la visione d’insieme. In questi contesti può giovare utilizzare la “tecnica dello scalatore “ che prende spunto dal metodo che seguono le guide alpine per progettare la scalata di una montagna: partendo dalla vetta, il percorso viene costruito a ritroso fino al luogo da cui si parte. Come suggerisce Giorgio Nardone, “Quando si ha un problema complesso da risolvere, al fine di costruire una strategia efficiente oltre che efficace, risulta utile partire dall’obiettivo da raggiungere e immaginare lo stadio subito precedente, poi quello precedente ancora, sino a giungere al punto di partenza. In questo modo, il percorso viene suddiviso in una serie di stadi; ciò significa frazionare l’obiettivo in una serie di micro obiettivi che tuttavia prendono avvio dal punto d’arrivo per tornare sino al primo passo da eseguire” (Nardone, 2009).
8 – Sviluppare strutture pilota.
Creare strutture che facilitino il cambiamento quali programmi di formazione, un nuovo sistema di incentivi, etc., i cui risultati possano essere utilizzati come esempi di successo fortemente motivanti.
9 – Comunicare, coinvolgere le persone ed essere onesti.
La comunicazione è un potente strumento per superare le resistenze e coinvolgere il personale. Sicuramente una comunicazione tra azienda e dipendenti per essere produttiva deve basarsi sulla fiducia. La fiducia non è qualcosa che si può chiedere ma si deve conquistare e passa attraverso un processo di responsabilizza che coinvolge tutte le parti.
10 – Rinforzare e istituzionalizzare il cambiamento.
Quando la navigazione è a vista, il processo di cambiamento deve essere continuo. Può essere utile rammentare quanto suggerito nell’antica arte cinese della guerra “I periodi di incertezza sono più favorevoli agli emarginati creativi piuttosto che alle persone di potere abituate ad affidarsi ad un ordine stabilito, regolare, senza intoppi che li protegge al punto di far loro dimenticare l’istinto di sopravvivenza. Il caos scioglie gli ormeggi alle possibilità finalmente disponibili; si aprono nuovi spazi di manovra, scardinando il precedente assetto che li teneva rinchiusi. L’agile e il mobile hanno la meglio sul pesante e potente. Le crisi generano nuove situazioni non comprese nelle logiche vigenti” (P. Fayard, Vincere senza combattere, Ponte alle Grazie Ed., Milano 2010).
Un ultimo suggerimento mutuato direttamente da San Francesco: “Cominciate col fare quello che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
Buon cambiamento!
Bibliografia
Fayard P., Vincere senza combattere, Ponte alle Grazie Ed., Milano 2010
Jick B.T.D., Managing Change, Richard D.Irwin Inc. 2003.
Nardone G., Problem Solving Strategico, Ponte alle Grazie Ed., Milano 2009
Autore
Carola Goglio
Laureata in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano, è stata per diversi anni responsabile dell’area commerciale della Cartotecnica PLV spa e membro del consiglio di amministrazione. Responsabile della redazione di Givemeachance srl Editoria on line. Da molti anni è membro del Consiglio Direttivo dell’Unione Grafici Cartotecnici di Milano e Presidente del Comitato Provinciale per l’Istruzione Professionale Grafica di Milano. Da luglio 2008 è consigliere con delega di AISM Associazione Italiana Marketing. Autrice di numerosi articoli pubblicati da Il Poligrafico e Print Buyer. Tiene seminari e corsi su temi legati al Marketing.
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