
Lo sviluppo della relazione tra persone e brand grazie a nuove tecnologie e nuovi paradigmi di business. A cura di Giacomo Melani
Siamo di fronte ad un cambiamento epocale. Crisi, nuove tecnologie e nuovi paradigmi di business hanno creato i presupposti per una radicale trasformazione delle relazioni tra persone e brand. Negli ultimi anni, infatti, si è creata una rottura nel rapporto organizzazioni-persone e quest’ultime hanno “conquistato” nuovi poteri grazie a tecnologie che hanno ridotto l’asimmetria informativa e aumentato le possibilità di scelta e comunicazione.
La massa, caratterizzata dal consumatore medio che presenta comportamenti omogenei e ampiamente prevedibili, sta scomparendo. Al consumatore si va sostituendo il concetto di persona, viva e attiva, con le sue tensioni, passioni, valori e anche imprevedibilità. La massa si sta frammentando in nicchie e sotto-nicchie e i comportamenti d’acquisto e di consumo sono sempre più difficili da definire. Capita sempre più spesso di comprare un accessorio costosissimo in un negozio di lusso e un capo d’abbigliamento in una catena commerciale o di selezionare ricercati accessori di design da inserire in componenti d’arredo Ikea.
Grazie alle maggiori informazioni disponibili, le persone sono diventate più esigenti e selettive e si comportano con i brand come fanno con i siti web:se qualcosa non interessa, si cambia con un click.
La rivoluzione del social web, in sostanza, consiste nell’aver trasformato Internet da un media a un luogo dove chiunque può diventare un media. In questa nuova situazione le persone conversano fra loro e sono spesso indifferenti ai messaggi delle aziende. Le persone, siano esse clienti o prospect, hanno portato i brand nei loro territori: sui social network, dove fanno domande, danno giudizi e propongono discussioni. Man mano che la comunità cresce e le persone si connettono, si aprono nuove opportunità: si possono avere maggiori informazioni e migliori esperienze anche senza un rapporto diretto con le organizzazioni, sovvertendo così il classico flusso della persuasione pubblicitaria.
Le aziende si trovano quindi di fronte a qualcosa che è difficilmente identificabile e controllabile. Quest’aggregazione tumultuosa, data dai media umani ancora spesso inconsapevoli della loro forza, ha la capacità di incidere profondamente e rapidamente sulla reputazione di brand e prodotti, arrivando addirittura a poter condizionare fortemente i risultati aziendali.
I nuovi paradigmi pongono numerosi interrogativi su quali siano gli approcci, le strategie e le implementazioni che permettono una comunicazione efficace verso un pubblico che appare sempre più incomprensibile e indifferente alla classica comunicazione aziendale.
Anche perché, con il rapido esplodere dei social network, si è amplificato il fenomeno delle persone che non si fidano più della pubblicità, ma si fidano dei consigli dei propri “amici” o meglio peers, pari, che spesso sono addirittura dei perfetti sconosciuti e risiedono dall’altra parte del mondo. Il passaparola, da sempre il miglior strumento di marketing possibile, è diventato un fenomeno globale, dove le persone si scambiano commenti senza confini di geografia, lingua e spesso anche cultura.
Ma cosa devono fare le aziende?
Le aziende devono liberarsi dai pregiudizi legati alla poca conoscenza delle dinamiche online e comprendere che il web sta cambiando rapidamente il comportamento delle persone. E questo cambiamento incide profondamente nel loro business.
Il consumatore non è più un target fisso da raggiungere secondo strategie statiche, ma diventa un obiettivo mobile, che si muove obliquamente come un cavallo sulla scacchiera, sfuggendo alle strategie troppo dirette della comunicazione e del marketing tradizionale. Oggi il consumatore si conquista con l’intelligenza strategica, in base a coordinate e variabili complesse su cui può convergere: l’occasione d’acquisto, il servizio, la qualità percepita, il prezzo, il design, l’esperienza, e così via.
Secondo lo studio del 2012 “Digital Advertising Attitudes Report” di Upstream/YouGov, oltre il 20% degli utenti americani (il 27% in UK), smetterebbe di utilizzare un prodotto o un servizio se percepisse una pressione pubblicitaria troppo alta da parte di un’azienda e addirittura il 66% non usufruirebbe più di promozioni se queste fossero troppo frequenti. Inoltre, più del 10% protesterebbe sui social media, probabilmente alimentando un indesiderato effetto valanga.
Non si tratta quindi di raggiungere un segmento ben identificato, ma piuttosto di occupare una posizione valoriale sulla scacchiera su cui trasferire la propria identità di brand, i propri valori di marca e di prodotto. Su questo spazio transiteranno molte persone, anche diverse tra loro, che potranno essere “catturate” secondo logiche di affinità o seduzione della proposta. E’ solo con una proposta di contenuti di valore che si riesce ad attirare l’attenzione delle persone, coinvolgendole spontaneamente nella relazione con il brand.
Il web, in definitiva, rappresenta sempre più il territorio dove il brand dovrà costruire la sua nuova relazione con il cliente.
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